Reazioni
all'opuscolo "Ok, ragazze!"
Tra preservativi e pillole l'amore domanda di
più
La parola al teologo
Di don Willy Volonté
Dopo aver letto "OK, ragazze!" - opuscolo stampato sotto
l'alto patronato dell'Ufficio federale della Sanità Pubblica, che ha
per tema: "cambiamenti, emozioni, sessualità e amore" (p.4)
degli adolescenti - ho tentato di mettermi dalla parte di un genitore oppure
di un educatore, che in fondo è la stessa cosa, e mi sono chiesto se
fosse adeguato proporre a una ragazza di 11-16 anni la lettura di questo opuscolo
per trarne un qualche profitto.
Rimango tuttora molto perplesso; proprio come lo sarei nel raccomandare la lettura
della rubrica telefonica di una città nella pretesa di conoscerne meglio
il vissuto.
Infatti in "OK, ragazze!" troppe cose mancano, altre sono state sbadatamente
tralasciate, altre sono superficialmente tendenziose, altre ancora riduttive
o distorte. Ma ciò che appare evidente è l'aver scelto una fittizia
neutralità informativa e quindi l'assenza di una proposta educativa valida.
Sostanzialmente scorgo nel fascicolo proposto un impianto qualunquista con il
conseguente appiattimento su ciò che all'adolescente, in fondo, fa comodo
sentirsi dire. Non vi ho intravisto proposte per portarla oltre a delle esperienze
istintive e scontate, ma piuttosto un discorso che la mettesse al riparo dall'assumersi
ogni interiore responsabilità, di fronte al richiamo esigente che proviene
da quella preziosa dimensione umana che è la sessualità. Ecco
ciò che manca nel fascicolo, che pretende di circolare nelle nostre scuole:
l'educazione alla sessualità. Quello che più impressiona è
l'abdicazione all'assunzione di una forma educativa.
La filosofia soggiacente allo scritto è facilmente descritta: "Ragazza,
fa solo quello che ti senti di fare" (cfr. pag. 13), purché quello
che farai non produca effetti indesiderati, cioè che abbia conseguenze
che ti costringano ad impegnarti con quello che hai scelto. La sessualità
offre un risvolto pubblico di altissime potenzialità, al fine di far
passare in modo sornione la mentalità del: "divertiti senza esigere
un prezzo in responsabilità".
Così facendo significa preparare uomini e donne che non avranno né
il senso della comunità, né un'autentica attrattiva per gli altri,
se non per quelli con cui sporadicamente possono provare fugaci sentimenti ed
epidermiche emozioni.
Nel fascicolo - lo ripeto - manca una prospettiva educativa, la quale non può
essere supplita né dallo sforzo di equilibrio nell'informazione, né
dall'eludere di prendere posizione su una proposta educativa ben definita.
Quindi "OK, ragazze!" è sostanzialmente dannoso. Non tanto
per quello che dice (anche se alcune affermazioni hanno il sapore solo di una
banale stortura), ma soprattutto per quello che non dice, condannando così
gli adolescenti a compiacersi del lasciarsi trascinare là dove porta
l'emozione. A ben vedere questa è l'anticamera di una società
votata all'individualismo, camuffato sotto il vellutato paludamento dello sfruttamento
dell'altro.
Una parola va detta sulla tematica del "preservativo", assunto ormai
a nume tutelare della difesa del piacere sessuale e ad elastico custode della
vita intima della persona. La descrizione è parossistica. Uno dovrebbe
portarselo sempre con sé come la carta d'identità o il fazzoletto
da naso, per ogni improvviso e incontrollato starnuto sessuale. Come se occorresse
difendersi continuamente da quell'oggetto misterioso e rischioso che ha nome:
sessualità.
Una volta si accusava la Chiesa di averne una fobica paura, ora sono i nuovi
teologi e gli psicologi laici a temerla. Si ha sempre paura di qualcosa che
non si conosce e non si sa come padroneggiarla. Ma è proprio il concetto
e l'esercizio della libertà, così come viene proposta da "OK,
ragazze!" che è la fonte della paura.
Inoltre, nel fascicolo, qua e là, si percepisce una vaga proposta di
responsabilità, ma è sempre una responsabilità in negativo,
un continuo allarme per il pericolo imminente. La responsabilità personale
è chiamata in causa solo per non incorrere nei danni di un'azione che
può compromettere l'essere liberi di fare quello che pare e piace e non
piuttosto a partire dal suggerimento della natura (sessualità), come
occasione per imparare a costruire il proprio e l'altrui futuro.
Oltre a questo clima difensivo nonostante le estasi descritte a color pastello
che attraversa tutto il fascicolo, si nota "la grande assente" nell'intera
vicenda: la famiglia. Le pochissime volte in cui viene tirata in ballo è
per affermare fastidi e irritazioni nei suoi confronti.
"Genitori che stress!" (cfr. pag. 9). Oppure, quando i genitori sono
interpellati dai figli su faccende che dovrebbero fare parte del loro compito
educativo, li troviamo solamente confusi e smarriti (ancora a pag. 9).
Non c'e molto da stare allegri con queste prospettive. Insomma con questo fascicolo
ancora una volta l'occasione è sfumata. Anziché aiutare a crescere
responsabilmente i nostri figli, li abbiamo condotti in una camera asettica,
perché possano trastullarsi senza sporcarsi troppo, offrendo loro anche
il relativo "manuale per l'uso".
La parola alla mamma-medico
Di Tatiana Pellegri-Bellicini
Un brivido mi percorre la schiena al pensiero che mia figlia, che ora ha otto
anni, possa ricevere, tra qualche anno, l'opuscolo "OK, ragazze!"
patrocinato dall'Ufficio federale della Sanità Pubblica, e al pensiero
che possa essere proprio la scuola a proporglielo.
Una delusione nata soprattutto per la buona occasione mancata. Che cosa possiamo
dire noi adulti ai ragazzi, nel caso preciso alle ragazze, che stanno vivendo
momenti intensi e talvolta determinanti sulle scelte di vita con le quali sono
confrontati?
Unicamente fai quello che ti senti di fare, purché protetto? Tutte le
campagne d'educazione sulla sessualità di questi ultimi anni sono caratterizzate
da una rinuncia a proporre una sessualità inserita dentro un contesto
d'amore. Il protagonista è divenuto il sesso sicuro, proposto come unico
e sensazionale strumento di piacere, un piacere egoista ed egocentrico, propinatoci
in una confezione di latex. Una visione così edonistica non può
aiutare i nostri giovani a crescere, anche se non c'è di che stupirsi:
l'opuscolo è una spietata traduzione nel campo dell'amore dell'andazzo
della cultura dominante: usa tutto e tutti fino a quando puoi, godi fin che
sei in tempo.
Trovo sconcertante, inoltre,
la totale mancanza di un contesto affettivo. Appena ho avuto tra le mani l'opuscolo
ho cercato di pensare all'adolescente che ero. Gli anni dell'adolescenza, quel
periodo della vita in cui si è più sensibili ai valori delle cose,
periodo in cui le domande esistenziali si fanno pressanti, e si percepisce sotto
la pelle un bisogno dì libertà e contemporaneamente una ricerca
di una guida, di un esempio da seguire. L'adolescenza, questo periodo affascinante
e carico di sofferenze è spesso il momento in cui si scopertine/copre l'amore,
e a 14 anni si ama come non si amerà mai più perché lo
si fa in modo totale, senza riserve. Limitare la ricchezza del primo amore a
come porsi davanti al primo rapporto sessuale è estremamente riduttivo
e sicuramente non corrisponde all'esperienza che ognuno di noi ha fatto.
Nelle prime pagine la descrizione del rapporto genitori figli è più
che criticabile. Si può per esempio leggere: "genitori, che
stress!, (...) queste madri che spesso hanno tante aspettative nei confronti
delle figlie, mentre sono più comprensive con i figli maschi, (...) una
mamma che ha considerato l'educazione dei figli la cosa più importante
della sua vita, può avere paura di perderti (...) per non parlare dei
padri che vogliono ancora proteggerti anche se hai già il ragazzo"
e poi ancora, " forse i tuoi genitori non sanno come comportarsi, (...)
magari si sentono messi da parte, e sono spaventati all'idea che la loro figlia
pensi già al sesso. Magari ti hanno detto che puoi rivolgerti a loro
se hai domande "sull'amore" ma quando gliele fai sul serio, sono imbarazzati
e sviano il discorso". Questa descrizione mi è sembrata, in
un primo momento, un modo superficiale per abbindolare in modo adolescenziale
degli adolescenti, parlare, anzi pensare come loro, per suscitare simpatia.
Una riflessione più approfondita mi ha invece convinta che questo tipo
di affermazioni non sono soltanto superficiali, ma anche diseducative. Niente
di più facile che dire a degli adolescenti "i tuoi genitori non
ti capiscono, vieni da me che ti spiego cos'è l'amore". Perché
se è frequente la difficoltà di comunicazione e l'incomprensione
che esiste tra genitori e figli adolescenti, il ruolo educativo dei genitori
non può e non deve essere messo in discussione, ancora meno su tematiche
importanti come quelle della sessualità. L'opuscolo in questione non
ha a cuore i desideri, le ansie, le gioie, gli amori dei nostri figli, ma afferma
come punto nodale la politica del minor danno, che riduce in questo modo l'avventura
dell'innamoramento ad una semplice questione di igiene sessuale. Sradicare un
adolescente dalla famiglia per immergerlo in un contesto simile significa lasciarlo
solo, solo a decidere ed a vivere avvenimenti che sono più grandi di
lui.
Un'altra grave mancanza è quella di non collegare mai la genitalità
con la fecondità. La potenziale capacità procreativa della copertine/coppia
è trasmessa unicamente come disgrazia, mai come valore o dono. La nostra
sessualità, che lo si voglia o meno, ha un fine procreativo, ancora più
importante se si parla di sessualità femminile. Rispondere all'equazione
maternità = disgrazia, con l'interruzione di gravidanza o con la pillola
del giorno dopo, affibia alla maternità una connotazione estremamente
negativa. Se da un lato è doveroso spiegare alle giovani la responsabilità
che domanda una gravidanza ed il fatto di allevare un figlio, coglierne il senso
profondo ed il valore, permette di dare il giusto peso alla maternità
che non diventa più la terribile malattia da evitare, ma un prezioso
dono da non sprecare anticipatamente. È un'educazione che lascia un segno
non solo nella fascia di età tra gli 11 e i 16 anni ma anche oltre.
All'origine di tutte queste iniziative e campagne pubblicitarie c'è la
lecita ed evidente preoccupazione che i nostri ragazzi non si contaminino con
malattie trasmesse sessualmente. Mi chiedo però se sia ragionevole sacrificare
tanti valori fondamentali per la crescita di una persona, per limitarsi a proporre,
in nome di un sesso sicuro, un'educazione sessuale che ha come pietra angolare
il preservativo. Un'educazione incentrata sul significato e il valore della
sessualità, rende automaticamente più responsabili i nostri figli
che imparano così ad amarsi e a proteggere loro stessi e le persone che
amano. Un opuscolo come "Ok, ragazze!" promuove invece quel tipo di
comportamento che permette di vivere la sessualità come funzione a parte,
disgiunta da una visione globale dell'essere umano, mentalità che, affermando
fai quello che vuoi, purché protetta, paradossalmente facilita proprio
la diffusione di quei comportamenti che sono a rischio per il contagio dell'AIDS.